Anche con una buona pianificazione è facile diventare frenetici nella vita quotidiana. Le cause reali spesso passano inosservate. Scopri i metodi di facile utilizzo per migliorare la prevenzione degli errori, l'efficienza e l'impegno dei lavoratori.
Siamo giunti alla puntata conclusiva della nostra serie dei Cambiamenti di Paradigma: vorrei iniziare esprimendo il mio apprezzamento per la vostra costante attenzione! Nella penultima parte abbiamo affrontato la domanda circa quanti siano gli errori che si verificano quotidianamente a causa di fretta, frustrazione, stanchezza ed eccesso di fiducia – quest’ultimo svolge quasi sempre un ruolo diretto o indiretto. A conclusione della serie, nell’articolo di oggi esamineremo le vere cause della fretta e condivideremo le tecniche per ottimizzare la sicurezza dei lavoratori.
Nelle prime puntate abbiamo visto come i nostri stati fisici ed emotivi, sia da soli sia in combinazione tra loro, possano portare a decisioni critiche sbagliate o addirittura pericolose. Immaginiamo come dei lavoratori, in ritardo su una grossa commessa, siano tentati di aggirare i dispositivi di protezione, le regole o i protocolli, come ad esempio una valutazione del rischio. È anche vero che le persone, quando sono di fretta, possono auto-attivarsi, vale a dire rendersi conto che la loro capacità decisionale è stata compromessa. Tuttavia, sarebbe saggio indagare innanzitutto su cosa provochi la fretta.
Chiedi a qualcuno quale possa essere, secondo lui, una caratteristica propria dell’attività svolta in preda al panico. La risposta quasi sempre avrà a che fare con la scarsa pianificazione. Ma hai mai pianificato la fretta? Probabilmente no, dal momento che è così spiacevole e stressante. Non ti sentirai mai dire da nessuno: “Restiamo un po’ più a lungo e godiamoci un altro caffè. All’aeroporto possiamo semplicemente chiedere a qualcuno di farci passare davanti, saltando la fila. Quindi possiamo correre agli imbarchi e sederci appena in tempo, felici che tutto sia andato secondo i piani.” Questo genere di situazioni non accade mai. Qualsiasi corsa verso l’aereo è molto più probabile che si verifichi in questo modo: mentre andiamo all’aeroporto nei tempi previsti, notiamo che ci manca qualcosa, come il passaporto, perciò dobbiamo tornare indietro, quindi chiedere ad altri viaggiatori se possiamo fare il controllo di sicurezza prima di loro e poi precipitarci verso la giusta porta di imbarco, abbigliati in scomodi completi o dovendo trasportare pesanti valigie, per finalmente raggiungere, bagnati di sudore, il nostro posto a sedere.
Non tutte le situazioni sono così drammatiche. Essere di fretta, infatti, non significa altro che fare le cose più velocemente del normale. Questo non dura necessariamente per un lungo periodo di tempo e non è che dobbiamo raggiungere velocità da record. In effetti, con poche eccezioni, tutti, ogni giorno, possiamo avere fretta.
Indipendentemente dal fatto che tu sia un saldatore o un dirigente, se dimentichi uno strumento vitale del tuo mestiere, devi tornare indietro a recuperarlo. Se poi è indispensabile per il lavoro di altri, tendi ad andare ancora più in fretta, il che può portare rapidamente a problemi di qualità del lavoro o, peggio, puoi perdere l’equilibrio, la trazione o la presa (e, ad esempio, finisci per cadere dalle scale). Le lesioni possono facilmente essere il risultato della fretta.
Una scarsa pianificazione, tuttavia, non è che una delle cause della fretta: spesso la disattenzione gioca un suo ruolo. In generale, possiamo supporre (vedi Figura 1) che siano tre le cause principali:
1. Una scarsa pianificazione o un tuo errore (ti dimentichi, ad esempio, di una cosa urgente e necessaria che deve essere procurata subito). Per recuperare il tempo perduto, acceleri freneticamente e i tuoi movimenti sono più veloci del solito.
2. L’errore di qualcun altro o la scarsa pianificazione ti costringono ad accelerare.
3. Circostanze esterne, come ingorghi stradali o attrezzature che smettono di funzionare.
Il terzo errore, riguardante le circostanze esterne, può certamente provocare una situazione di fretta che non ci aspettavamo. Tuttavia, il mancato controllo di una qualsiasi situazione che prevediamo di incontrare nel corso del lavoro ci renderà in definitiva i veri responsabili della nostra fretta. Quando si tratta di traffico stradale, potremmo conoscere il percorso più o meno bene – e quindi valutare il tempo necessario per completarlo, ma ci sono applicazioni e servizi con informazioni in tempo reale che sono sempre a nostra disposizione.
Lo stesso vale quando gli errori altrui legati alla pianificazione ci portano ad una situazione inaspettatamente frenetica. Tuttavia, se sapevamo già che qualcuno fa sempre dei ritardi, allora questo doveva essere considerato già in fase di pianificazione, no? Tutti conoscono qualcuno con tale debolezza, per questo diciamo ad alcune persone di venire a cena prima di altre. Anche se è frustrante dover affrontare questi modelli comportamentali, essi sono prevedibili, per cui possiamo conformare ad essi il nostro programma. Un ritardo, invece, ci lascia interdetti con quelle persone che di solito sono puntuali ma che poi ci mettono inaspettatamente in difficoltà. In questo caso non puoi pianificare perché probabilmente hanno fatto loro stessi un errore che li ha portati ad essere di fretta – il che ha finito per produrre un effetto a catena le cui conseguenze hanno avuto una ricaduta su di te.
Riflettendo sulle tre cause, la maggior parte delle persone ammette tranquillamente di essere responsabile degli eventi imprevisti nel 90% delle situazioni frenetiche. Dal momento che, come mostra l’esempio dell’aeroporto, noi decisamente non pianifichiamo mai di essere di fretta né sotto una pressione temporale, nel 90-95% dei casi stiamo davvero compensando i nostri errori. Inoltre, significa che ciò si verifica di solito nelle attività che eseguiamo con una certa routine.
Si può dire quel che si vuole sulla buona o scarsa pianificazione. Ma nessuno parte deliberatamente per una destinazione mezz’ora prima del necessario solo per “essere coperto” nel caso in cui un documento o dispositivo elettronico sia stato dimenticato e perciò si deve tornare indietro a recuperarlo. Sarebbe semplicemente un modo troppo inefficiente di vivere.
Quindi, in breve, contiamo sul fatto di poter fare affidamento su noi stessi, il che di solito va bene. Eppure si verificano ripetutamente errori che possono portare alla fretta mentre cerchiamo di recuperare il tempo perso. Da un lato questo vale per i piccoli ritardi, come nell’esempio dell’aeroporto su cui abbiamo ragionato. Dall’altro, però, la stessa dinamica si manifesta quando si tratta di errori gravi: ad esempio, un caposquadra si dimentica di portare il raccordo a 90° per un tubo di scarico, con la betoniera già in moto ed il gestore del sito che ha appena annunciato un’ispezione: quanto velocemente guiderà per riuscire a recuperare il pezzo mancante?
Una volta ho discusso di questa situazione “ipotetica” con uno dei nostri consulenti, che lavorava nell’edilizia abitativa. La sua risposta è stata: “Sono stato fermato mentre andavo ad una velocità di 130 km all’ora. Ma il poliziotto mi ha lasciato andare quando gli ho detto cosa stesse succedendo”. La cosa interessante è che, anche se oggi le pattuglie di Polizia certamente non si lascerebbero influenzare da questo genere di motivazione, la fretta sembra essere assolutamente legittima per molti – fintanto che si tratti di garantire una produzione efficiente o semplicemente di fare un lavoro in generale.
In questo caso, un proprio errore ha causato la corsa frenetica. Il più delle volte abbiamo fretta perché siamo in ritardo. E, come abbiamo visto, il motivo del nostro ritardo non è legato al fatto che l’abbiamo pianificato così, ma perché è successo l’imprevisto. Tuttavia, nel 90% dei casi la responsabilità di ciò ricade su di noi stessi: è un errore umano.
Quasi tutti gli errori ci costano tempo, a volte di più, a volte di meno. Alcuni di loro ci costano anche soldi o ci causano ansia, che è anch’essa gravosa. Dato il numero di errori che commettiamo ogni giorno, non c’è da meravigliarsi se siamo di fretta così spesso. Eppure, ogni volta sembriamo essere di nuovo sorpresi e diciamo: “Non posso credere che sto correndo di nuovo verso la porta d’imbarco” – perché sicuramente avevamo pianificato diversamente la situazione.
DIVENTA ATTIVO: COSA PUOI FARE CONTRO LA FRETTA
Conosciamo tutti l’espressione “la conoscenza è potere”. Ma è solo quando uno la mette in pratica che si sviluppa il potere – partendo dai cambiamenti nel comportamento. Quando si tratta di evitare momenti privi di difesa, quindi, dobbiamo formare i nostri lavoratori sul metodo dell’auto-attivazione ed esercitare buone pratiche di sicurezza, come ad esempio muovere prima gli occhi e poi il corpo. Se le persone conoscono i quattro stati emotivi o fisici e pensano agli errori imprevisti, possono anche prevedere quando probabilmente si troveranno ad essere di fretta, frustrati, stanchi o eccessivamente fiduciosi e quindi funzioneranno solo con il pilota automatico. La maggior parte di noi può anche stimare quali errori siano i più dispendiosi o costosi per noi stessi o per l’azienda. Se pensiamo a questi errori o ad evitarli, nella maggior parte dei casi essi non ci accadranno nemmeno – perché li abbiamo affrontati in anticipo.
Ma il fatto di sapere in anticipo quando sia probabile trovarsi in uno o più dei quattro stati fisici o emotivi e di immaginare i peggiori scenari possibili non significa che li stiamo effettivamente aggirando attivamente. Il prerequisito per la prevenzione proattiva dell’errore è sapere il “come” accadrà, il che significa che sono necessari uno stretto contatto e una comunicazione attinente all’argomento tra capi, responsabili della sicurezza e lavoratori, in modo che possano essere avviati cambiamenti comportamentali nelle aziende. Questo fornisce ai collaboratori le conoscenze di cui hanno bisogno per impegnarsi nei confronti della propria sicurezza e assumersene la responsabilità. Sebbene questa non sia una visione fondamentalmente nuova, è un nuovo modo di affrontare il coinvolgimento dei lavoratori.
Vale la pena ricordare come sono arrivato a questa comprensione. Ho trascorso i primi 15 anni della mia carriera insegnando alle persone come fare osservazioni positive e significative sulla sicurezza. Ciò significava osservare qualunque cosa fosse appena accaduta e ciò che era accaduto nell’ambiente attorno ad un eventuale infortunio. Ci concentravamo soprattutto sui passi concreti compiuti dal lavoratore, sul flusso del processo e così via. L’idea alla base di queste osservazioni sulla sicurezza relativa al comportamento era, in primo luogo, quella di correggere atteggiamenti ad alto rischio in modo stabile e, in secondo luogo, di rafforzare il comportamento in sicurezza. Tutto ciò era volto a migliorare nel futuro il comportamento in materia di sicurezza.
Si noti che la procedura appena esposta è sempre rivolta al passato. Inoltre, quasi tutto ciò che emerge dai feedback nel corso di queste considerazioni si riferisce a elementi quali i dispositivi di protezione individuale, procedure di sicurezza o regole. Ne deriva che tale approccio è più utile per prendere decisioni anziché per evitare, in futuro, errori imprevisti. Ciò è dovuto in parte al fatto che di futuro di solito non si discute affatto. Tra l’altro, è sempre un po’ invasivo osservare gli altri mentre lavorano e – a seconda delle dimensioni del sito e dell’esatto ambiente di lavoro – neanche molto efficiente.
D’altra parte, è molto più facile parlare alla gente degli errori che potrebbero accadere loro in futuro. Non devi osservarli mentre lavorano, puoi parlare con loro quasi dappertutto. Dato che stai solo parlando di ipotesi (“Che cosa potrebbe accadere?” Invece di “Che cosa è appena successo?”), è anche meno invasivo. Ma, soprattutto, fa riflettere le persone sugli stati fisici o emotivi che possono portare a errori imprevisti con conseguenze talvolta gravi. Ciò le aiuta a utilizzare la tecnica dell’auto-attivazione in modo più veloce ed efficiente, anche quando iniziano a entrare in uno o più di questi stati. Una volta che si attivano e ritornano al presente, la probabilità di commettere un errore imprevisto e/o grave diminuisce in modo significativo.
Questo significa che dobbiamo concentrare il nostro impegno sulle azioni da compiere, chiedendoci cosa potrebbe accadere e quali sono le condizioni che potrebbero condurci a questi errori. Questo approccio è proattivo e pertinente perché lungimirante e dimostra ciò che può motivare uno o più errori.
Dopo aver identificato gli stati fisici o emotivi, il passo successivo è scoprire quando è più probabile entrare in uno o più di essi. Molte persone sanno quando di solito diventano frenetiche o stanche. Poco prima che ciò accada, ad esempio prima di un cambio di turno, possono impostare un allarme per attirare l’attenzione sullo stato di pericolo (“Valuta il tuo stato”). Questo rende l’auto-attivazione più efficiente. Si tratta di strumenti semplici che chiunque può usare e molto efficaci nel prevenire futuri errori imprevisti. Inoltre promuovono un impegno minimo, ma significativo e volontario. È fondamentale concentrarsi sulle azioni da compiere e non tanto su quelle già compiute. Ciò rende molto più facile comunicare con i lavoratori, per non parlare dei miglioramenti che si possono avere nell’organizzazione e nell’amministrazione. Ciò che rende questo metodo ancora più prezioso è che induce le persone a pensare in modo proattivo su come prevenire il prossimo grave errore.
FATTORI UMANI: LA CAUSA DI QUASI TUTTI GLI ERRORI
Con questo cambiamento di paradigma, la nostra serie di articoli volge al termine. Grazie per essere arrivati fin qui! Ammettiamolo: non tutti i libri vengono letti fino alla fine. Nel corso delle dodici puntate abbiamo trattato molti argomenti. Quindi, se qualcuno un giorno ti chiederà: “Perché le persone agiscono troppo in fretta?” o “Che cosa provoca le lesioni involontarie?”, spero che non risponderai più: “la scarsa pianificazione” o “i pericoli”.
Lasciamo a te la scelta di applicare tutte queste idee e questi nuovi approcci e trasmetterli ai tuoi collaboratori e colleghi. Perché ciò significherebbe indurre le persone a pensare all’energia pericolosa in combinazione con l’energia cinetica, alle tre fonti di eventi imprevisti e al motivo per cui le attività più pericolose non portano necessariamente alle lesioni più gravi, a quali sono gli errori critici e cosa comportano i momenti privi di difesa, quali intuizioni neuroscientifiche si nascondono dietro all’eccesso di fiducia, in che modo i quattro stati fisici o emotivi influenzano il processo decisionale e perché non commettiamo più errori quando apprendiamo qualcosa di nuovo. Non è esattamente facile da spiegare, diciamolo, nel giro di pochi minuti trascorsi insieme su un ascensore!
Forse è più facile dire che “fretta, frustrazione, stanchezza ed eccesso di fiducia” sono responsabili della maggior parte dei nostri errori. Oppure, se si tratta di un’occasione ancora più breve: è un “errore umano”.
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Scarica gratuitamente l’articolo #12 della serie Cambiamenti di Paradigma – Che cosa davvero provoca la fretta – una prospettiva diversa sul coinvolgimento dei lavoratori – in PDF!