La stanchezza fa parte della nostra vita. Incide sui nostri riflessi nonché sulla nostra capacità di prevedere le situazioni di pericolo e di prendere decisioni. Cosa dovrebbero fare al riguardo i leader della sicurezza, in modo particolare sul luogo di lavoro? L’autore di SafeStart Larry Wilson ha invitato gli esperti delle aziende più importanti del mondo a discuterne al SafeConnection per capire in che modo stanno affrontando questa perenne sfida.
Inizialmente ha cercato di capire che approccio avevano al riguardo: la stanchezza era da loro ritenuta una responsabilità personale o aziendale? È possibile verificarla in maniera attendibile? E quanto controllo, secondo loro, l’azienda dovrebbe esercitare in questo senso?
Un’organizzazione incapace di gestire il rischio legato alla stanchezza potrebbe affrontare conseguenze pericolose:
- Michael Cooke (Vicepresidente, Responsabilità Sociale e Ambientale, Jabil Group) ha raccontato di come si sia reso conto per la prima volta degli effetti dannosi della stanchezza. Lavorava in un’azienda chimica i cui camion dovevano trasportare carichi grossi e pericolosi. “Si stavano verificando alcuni brutti incidenti”, dice, “e abbiamo perso una gara perché avevamo deciso di aumentare le nostre pratiche di gestione dei rischi legati alla stanchezza, come ad es. far sì che i conducenti non potessero fare più di un lungo viaggio alla volta, che dovessero fermarsi e dormire la notte, ecc. Uno dei nostri concorrenti decise di fare a meno di tutto ciò, vinse la gara ma purtroppo ebbe un incidente davvero tragico”: dopo l’accaduto un cliente era anche disposto a pagare di più per i loro servizi. “Purtroppo, c’è voluta una fatalità per far capir loro che non si trattava solo di costi”, ha concluso Michael.
Come di consueto, i leader del settore hanno condiviso le loro esperienze, dopo sofferta maturazione sul campo, su come la stanchezza possa provocare problemi e gravi imprevisti:
- “Quando siamo passati ai turni di 12 ore”, racconta Alex Carnevale (Presidente, Dynacast International), “alcune persone sono rimaste davvero entusiaste perché avrebbero maturato 7 giorni di riposo. Le cose però non mi sembravano così chiare, per cui ho iniziato a raccogliere dati e a esaminare gli indicatori”. Il risultato? Il numero degli incidenti era aumentato in momenti precisi: alla fine e all’inizio dei turni e nell’ultimo o penultimo giorno della settimana lavorativa di 4 giorni. Il fattore scatenante era sicuramente la stanchezza. “Anche se non era una misura popolare” dice, “alla fine si è deciso di ripristinare i turni di 8 ore”.
- Arun Subramanian (Vicepresidente Aggiunto & Direttore HSE di Coromandel International Limited) riferisce di aver rilevato schemi simili, in cui l’interruzione dei ritmi circadiani dei lavoratori a seguito dei turni notturni rappresentava un costante dilemma: “Una cosa molto comune nell’industria manifatturiera è la sindrome del lavoratore turnista”, osserva. Vi è anche il problema della pianificazione dei turni, da spalmare nell’arco delle 24 ore della giornata e dei 7 giorni della settimana, anche se in tal lasso di tempo “i lavoratori si alternano a rotazione e ciò ti permette poi di gestirla un po’ meglio”.
I collaboratori che devono affrontare lunghi turni lavorativi devono sviluppare la giusta predisposizione mentale:
- Hector Salazar (Direttore HSE, Dragados Canada Ltd) fa notare che “nel settore oil and gas e nell’edilizia i turni di 12 ore su 6 giorni è la norma”. Ha scoperto inoltre che questi lavoratori vengono mandati in località molto distanti e che sono consapevoli e mentalmente preparati ad affrontare i lunghi turni lavorativi.
Se le turnazioni fanno parte dell’approccio produttivo dell’azienda, bisognerebbe informare tempestivamente i propri collaboratori in modo che possano adattarsi sia psicologicamente (predisposizione mentale) che biologicamente (ritmi circadiani) al cambiamento:
- L’organico nell’azienda della dott.ssa Praveena Dorathi (responsabile dell’Ufficio HSE, Work Dynamic, Asia occidentale, JLL) è dislocato presso i diversi stabilimenti dei clienti, con alcuni lavoratori operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7. “Lavoriamo a turni con rotazione”, afferma, sottolineando l’importanza di informare tempestivamente i lavoratori in modo che possano adeguatamente prepararsi. “Una persona non dovrà fare turni notturni per tutto l’anno e nemmeno per tutto il mese”.
La visione pratica di Larry Wilson di SafeStart: “Ormai siete tutti d’accordo che il turno notturno fisso sia una condizione inaccettabile”, e questo è una buona cosa dal punto di vista della salute mentale e dell’equità. “La gestione della stanchezza è principalmente soggettiva. Solo tu sai davvero quanto sei stanco e il perché. Quindi, a volte pensi che sia “meglio” nascondere la stanchezza se non sei riuscito a dormire, il che rende difficile per un supervisore accorgersene.” In una gestione ottimale del rischio i leader devono essere consapevoli dei potenziali effetti di tali schemi mentali.
Oltre ad adottare turni a rotazione che permettono di rispettare i limiti della mente e del corpo umano, quali passi concreti può compiere un’azienda?
- “Nel settore delle costruzioni”, spiega Hector, “è molto importante che quando i lavoratori devono sostenere turni di 12 ore al giorno… le loro attività vengano suddivise in modo che abbiano la sensazione di completarne qualcuna”. Perché è importante? La soddisfazione del dovere compiuto farà sì che il lavoratore possa rilassarsi, godersi il tempo libero in tranquillità e poi rientrare riposato
- Il sistema aziendale di Arun Subramanian consente lo svolgimento di funzioni interscambiabili, permette cioè che gli operatori sul campo possano lavorare anche come operatori del pannello impianti, scongiurando il rischio legato alle attività ripetitive. Le sessioni per la condivisione delle conoscenze vengono organizzate per i lavoratori del turno notturno per mantenere la loro prontezza mentale, ma, come dice lui stesso, “non sono sufficienti a compensare la privazione del sonno”.
- La Dott.ssa. Praveena concorda: “Oltre a garantire che il lavoro a turni non diventi ripetitivo, facciamo in modo che i lavoratori si scambino tra di loro i compiti in quanto quando un’attività viene continuamente ripetuta si instaura l’eccesso di fiducia ”.
I datori di lavoro devono tenere sempre presenti le diverse categorie di lavoratori per poter superare la sfida presentata dalla gestione dei rischi legati alla stanchezza:
- Ciò significa affrontare la stanchezza in modo diverso a seconda delle specificità dei ruoli dei lavoratori, spiega Edward Stephens (Global Manager HSE/SA, ABB Robotics): “Nell’organico vi è il personale d’ufficio, gli operai di produzione e il personale di servizio”, dice. “Stanchezza, produttività, qualità e sicurezza vanno affrontati in maniera diversa a seconda della categoria di personale a cui ti rivolgi.”
- Riguardo al personale d’ufficio, la sfida più grande è che spesso gli impiegati rimangono tutto il giorno seduti senza avere la possibilità di alzarsi e muoversi. “In questo modo”, osserva Ed, “non diamo al nostro corpo le risorse di cui ha bisogno per elaborare e gestire correttamente lo stress”.
- In fabbrica, invece, dove le persone sono sempre in movimento e bruciano calorie, la sfida più grande è riuscire a pianificare i loro turni in modo che possano dormire le ore di cui hanno bisogno e si creino così le condizioni affinché si possano rilassare e riposare per davvero quando tornano a casa. (Ed aggiunge anche che il personale di servizio si trova in una posizione intermedia rispetto ai due precedenti: in uno stato migliore.)
La stanchezza da stress ripetitivo è una tipologia che non va trascurata. La sua dimensione psicologica va monitorata in quanto può avere effetti disastrosi.
- “Una delle questioni su cui porre l’attenzione – dice Arun Subramanian – riguarda i lavoratori che restano seduti a lungo alla scrivania”, sottolineando che tale ambiente spesso passa inosservato ma è anch’esso fonte di preoccupazione “soprattutto se non si dispone di mobili ergonomici”.
- Anthony Panepinto (Direttore Senior dell’Ufficio HSE – Salute, Sicurezza e Ambiente – per Procter & Gamble) osserva che negli anni ’80 anche P&G aveva condiviso questa attenzione all’ergonomia. “Lo stesso vale per il team di manutenzione che deve operare in fabbrica: certi ruoli sono difficili per natura e richiedono che i collaboratori tengano sempre la solita posizione mentre lavorano”.
- Aggiunge anche che nel suo precedente posto di lavoro si era cercato di uniformare il più possibile le attività, coinvolgendo un fisioterapista, l’ufficio di amministrazione e gli addetti alla sicurezza. Ma “qualunque sia la standardizzazione scelta”, dice, “troverai sempre persone che lavorano a casaccio… hai procurato loro un apposito carrello e loro non lo usano, e non trovi un supervisore in grado di far rispettare tale esigenza”.
Caso studio: Larry Wilson di SafeStart ricorda che in un’azienda da cui aveva ricevuto l’incarico per un lavoro importante non si eseguivano operazioni ad alto rischio ma i lavoratori dovevano manovrare carrelli tutto il giorno. Gli infortuni minori maggiormente verificatisi erano le lesioni alla spalla e sembrava che i supervisori non se ne accorgessero nemmeno più. “I lavoratori erano consapevoli che la loro mansione consisteva nel manovrare carrelli. Erano loro ad avvertire che la propria spalla iniziava a far male. Quindi, non è sempre facile. E non è giusto addossare sempre sui supervisori tutta la responsabilità”.
Soprattutto quando si tratta di prevenire la stanchezza all’interno di grandi progetti, vale la pena creare un po’ di flessibilità nel sistema, sia che si tratti di un ampliamento dell’organico sia che necessitino risorse particolari per assicurare il benessere dei lavoratori:
- “La chiave”, dice Hector, “è disporre di manodopera extra”: almeno il 5% di persone in più del necessario, in modo che quando i lavoratori si riposano o non possono lavorare, si possano sostituire con altri.
- “Garantire pause, cibo, bevande calde o isotoniche è molto apprezzato dai lavoratori”, aggiunge.
- Tutti i partecipanti hanno convenuto che avere un posto dove i lavoratori possano riposarsi o fare un sonnellino durante la pausa è una buona idea. Alex ha ricordato che una delle cose migliori fatte dalla Etex nel periodo in cui ne era un collaboratore è stata investire sulla costruzione di spogliatoi e di spazi adibiti per i momenti di pausa.
Nel corso degli interventi è emersa l’idea che la stanchezza è diventata pluridimensionale, e questo comprende delle considerazioni sulla salute mentale.
- Michael dice che “si è parlato molto della stanchezza in generale, tuttavia il contesto ora si amplia in quanto comprende anche la stanchezza mentale”.
- Anthony è d’accordo sul fatto che, soprattutto durante il Covid, i leader abbiano imparato l’importanza di guardare in maniera corretta e vera alle fonti interne di stress. “Abbiamo chiesto: cosa significa offrire a un lavoratore la sua giornata ideale… in cui svolge il suo compito, è concentrato ma non eccessivamente fiducioso mentre svolge i suoi compiti?”
- “Noi in quanto leader possiamo confrontarci per scoprire cosa li motiva ogni giorno”, continua. “Abbiamo tutti una mente le cui condizioni possono variare quotidianamente… dobbiamo essere consapevoli che non c’è niente di male nel parlarne. Bisognerebbe istruire i leader su come avere tali conversazioni in modo umile ed empatico”.
Dal punto di vista pratico, solo il singolo individuo è in grado di sapere quanto sia veramente stanco; quando la stanchezza inizia a diventare un problema, dobbiamo riconoscere la situazione e fare qualcosa al riguardo prima che si verifichi il più piccolo errore, se non un errore dalle gravi conseguenze. Non sempre riusciamo a dormire di più, ma possiamo fare un po’ di esercizio fisico o di allungamento… prendere un caffè o un tè, oppure fare una breve pausa e chiudere gli occhi per 10-15 minuti (ma non mentre siamo al volante!).
La stanchezza rimane inevitabile. Ma molte cose si possono fare per combatterla sul luogo di lavoro; in questo senso, la leadership è chiamata a svolgere un ruolo importante.